25 Novembre - di Federika Brivio
Pubblicato il 26/11/2023


25 Novembre – Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne

Per testimoniare. Per denunciare. Per cercare di fermare. La mia personale testimonianza.

 

Avevo tredici anni, un po’ di argento vivo addosso e un angelo custode fenomenale.

Stringe il collo…Il mio di Federika Brivio

«Sono in vacanza da alcuni giorni e mi trovo nell’abitazione friulana di famiglia. Gli amici che vivono in paese, anche quest’anno, hanno individuato il punto giusto sul fiume Tagliamento, dove l’acqua è più abbondante, per andare a fare il bagno. Ogni giorno l’appuntamento è subito dopo pranzo, di fronte alla Bottega della Fosca, in centro. Da qui montiamo tutti in sella alle bici e ci dirigiamo verso la nostra spiaggia. Io non ne ho una mia, ma qualcuno si offre sempre di portarmi in canna. È divertente. Oggi, però, ho fatto tardi e quando sono arrivata davanti alla Fosca, i ragazzi non c’erano più. Non mi hanno aspettata. Non sono maleducati, semplicemente avranno creduto che avessi altro da fare. Qui è così. Uffa, non voglio stare a casa. Voglio raggiungerli e divertirmi con loro. In bottega vedo mio padre che sta bevendo un caffè in compagnia di un paio di conoscenti. Gli chiedo di accompagnarmi con l’auto dai miei amici. Mi dice di sì, ma le sue chiacchiere pare non finiscano più. Aspetto fiduciosa, ma lui è immerso piacevolmente in storie e ricordi paesani e non si accorge del tempo che passa. Decido di incamminarmi da sola. Lungo il tragitto sul fiume canto, saltello e improvviso qualche passo di danza. Poi d’un tratto la gioia lascia spazio alla voce chiara e distinta di mia nonna che mi risuona in testa in uno dei suoi recenti avvertimenti: ‘Non andare mai da sola al Tagliamento, è pericoloso’. Ma non torno indietro perché mi pare di essere quasi arrivata… Invece… Mi guardo attorno: sassi, arbusti secchi, arbusti secchi e sassi. Sono sola. Alle mie spalle, forte come un boato, mi assale il rumore di un’auto in marcia. È una Fiat 127 color giallo-senape. All’interno un uomo scuro di capelli, baffi e carnagione abbronzata. Mi passa davanti tenendo lo sguardo fisso su di me. Non lo vedo più. Pochi passi in avanti, invece, e sbuca fuori da un cespuglio sulla mia destra. È proprio lui, quello della 127… L’uomo nero. Questa volta è a piedi, la macchina deve averla prontamente nascosta dietro agli arbusti. Mi farnetica qualcosa che assomiglia a ‘Mi sono perso’ e l’unica cosa che riesco finalmente a fare io è correre nella direzione opposta alla sua. Ormai è tardi. Le sue grosse mani gonfie hanno già raggiunto il mio collo. Sento la presa che si fa sempre più forte e soffocante: sono spacciata. Quelle schifose mani sono così pressanti che non riesco ad emettere nemmeno un gemito… Adesso mi sta scuotendo tanto da farmi cadere a terra. Ora mi è sopra. Pesa schifosamente e quelle mani continuano a stringermi il collo. È proprio finita! Oh m***a, domani sul quotidiano in prima pagina ci sarò io! Invece no. Inspiegabilmente la bestia molla la presa e si alza. Mi inveisce contro, mi urla le parole più scandalose mai sentite prima e sparisce nel cespuglio dal quale è comparso; riprende la sua 127 e mi ripassa di fianco. Ora non mi fissa più, ma scappa via in fretta. Io mi alzo e cerco di correre, ma sono dentro un incubo e non so più se sono ancora viva o se sono già morta. Sconvolta e in stato confusionale, riconosco in lontananza una signora. Allora esiste qualcuno qui in questo deserto? Mi riaccompagna in paese. Mio padre è ancora dalla Fosca. Vede le mie lacrime e non capisce. Capirà presto. Questa notte non riesco a dormire: sento ancora quelle mani sudicie e grevi attorno al mio collo.»