Uno dei più grandi fotografi mondiali - di Irene Zerbini
Pubblicato il 15/12/2024



Di Sturco: il Maestro della fotografia mondiale che non ti aspetti

 

C’è tanto da imparare da uno dei più grandi fotografi del mondo. Anche se non avete una passione specifica per questo mezzo. Lui è Giulio Di Sturco e, durante una breve permanenza in Italia, è stato nostro ospite, negli spazi di Canale Itineraria. Giulio Di Sturco è un pluripremiato fotografo. Collabora regolarmente con testate giornalistiche internazionali come The Financial Times, Vanity Fair, National Geographic, Wired e New York TImes, solo per citarne alcuni.

Ma quello che ci ha raccontato in questa intervista, mi ha stupito a ogni passaggio, a ogni curva che il percorso prendeva. Non lo dimenticherò mai. E vi spiego perché. E’ qualcosa che va ben oltre i riconoscimenti e il pregio della sua carriera professionale. Non è l’intervista a un fotografo, ma una finestra su un mondo interiore che si dischiude a sorpresa.

Giulio Di Sturco ha studiato Fotografia allo IED Roma per poi trasferirsi in Canada e in India, in Thailandia ,in Inghilterra e ora in Francia. Ha vinto il World Press Photo il Sony Photography Awards (2009), il British Journal of Photography International Awards (2010) e due Getty Grants.

Ha trascorso anni a perfezionare il suo linguaggio visivo. Ha iniziato la sua carriera come fotoreporter prima di dedicarsi a progetti a lungo termine che esplorano il futuro della società di fronte ai cambiamenti ambientali e tecnologici. Il suo lavoro è stato presentato in mostre personali e collettive e festival in tutto il mondo, tra cui York Art Gallery (2019), Photaumnales Festival (2019), Photo London (2019), Getxophoto Festival (2018) e Cortona On The Move Festival (2012). Ha pubblicato la sua prima monografia, Ganga Ma (GOST Books, 2019), con saggi dell'attivista ambientale Vandana Shiva e della curatrice Eimear Martin.

Quando l’ho incontrato per la prima volta, a Toronto, aveva poco più di vent’anni e veniva da una gavetta nel laboratorio fotografico che era stato di suo padre e di suo nonno, in un paese di nome Roccasecca. Mi era capitato di vedere tre- quattro suoi scatti e gli avevo detto: “diventerai uno dei fotografi più grandi del mondo”. Non so da dove scaturisse quella presunzione, quasi arrogante da parte mia, di prevedere il futuro, tra l’altro in un settore di cui non ho la minima conoscenza o competenza. Per fortuna, mi è andata bene o, come direbbero a Roma “ci ho preso”.

Ma perché? Cosa mi aveva spinto fare un’affermazione così netta su un giovane conosciuto due giorni prima ? Solo ora ho compreso, finalmente, più di vent’anni dopo.

E l’ho capito, non tanto grazie ai suoi superbi scatti, di una poetica e di una profondità ineguagliabile, ma ascoltandolo parlare (controvoglia, parla sempre controvoglia di sé). Nel podcast realizzato con noi di Spazioubick, ripercorre tante delle su rocambolesche tappe di vita e professionali.

La sua carriera non è solo una cronaca di successi e riconoscimenti – per quanto impressionanti e numerosi – ma il risultato di un percorso in cui l’autenticità e la consapevolezza hanno avuto sempre la priorità.

Non dovrebbe stupire: tutta laa sua opera, è un invito a guardare oltre la superficie, a interrogarsi, a cercare la profondità nelle cose. "Ganga Ma", il progetto che esplora il sacro fiume Gange, è un esempio perfetto di come la sua fotografia trascenda l'estetica per affrontare questioni ambientali e sociali con una sensibilità unica.

Ma parlando con lui, è emersa, netta la risposta alla domanda che mi ero fatta vent’anni fa: cosa mi aveva fatto scommettere sulla grandezza di quel ragazzo restio a spiattellare due parole ma formidabile dietro l’obiettivo. Giulio Di Sturco non è soltanto grande per ciò che ha fatto, ma per tutto quello che si è rifiutato di fare. Ascoltate e mi darete ragione!

Per me, la fotografia del 2020 deve riuscire a rendere visibile l’invisibile, per rivelare i cambiamenti sociali, ambientali e tecnologici che sono in corso. Bisogna essere in grado di frustrare lo spettatore, spingere la loro immaginazione. Se vuoi costruire una relazione con lo spettatore non rivelare tutto nella tua foto. Permetti allo spettatore di portare la propria immaginazione, i propri pensieri e le proprie emozioni all’immagine.

Ha cominciato la sua carriera come fotogiornalista prima di dedicarsi a progetti di ricerca a lungo termine che si concentrano principalmente sulla società del futuro, alla luce dei cambiamenti ambientali e dell’evoluzione tecnologica in atto. Sperimentando con la narrazione visiva e con nuovi e vecchi media, la sua pratica artistica espande le possibilità della fotografia documentaria, evocando una poetica del futuro in cui i confini tra realtà e finzione si confondono.

Il suo lavoro è stato esposto in mostre personali e collettive e presentato in festival di tutto il mondo, tra cui York Art Gallery (2019), Photaumnales Festival (2019), Photo London (2019), Getxophoto Festival (2018) e Cortona On The Move Festival (2012) e molte altre.

Nel 2019 è uscita la sua prima monografia, Ganga Ma (GOST, 2019), che presenta la sua ricerca decennale dedicata al fiume Gange in India e Bangladesh. Il volume include testi dell’ambientalista indiana Vandana Shiva e della curatrice Eimear Martin.

 


Buon Ascolto!