La diplomazia nel pallone - non una semplice recensione - di Marco Visconti!
Pubblicato il 11/12/2022


La diplomazia nel pallone. Storia politica dei mondiali di calcio (1930-2022)

Titolo che rispecchia fedelmente la sistematica e precisa indagine storiografica effettuata dai due autori: Nicola Sbetti (docente di Storia dell’educazione fisica e dello sport all’Università di Bologna) e Riccardo Brizzi (anche lui professore di Storia contemporanea a Bologna).

La loro panoramica prende in esame i motivi che portano ed hanno portato ad assegnare le diverse edizioni dei mondiali di calcio, a partire dalla prima in Uruguay nel 1930 fino ad arrivare all’ultima e tanto discussa organizzazione qatariota.

Nella lunga prospettiva tracciata ci si accorge, con grande evidenza, di come progressivamente ma anche già in origine, la politica abbia usato un fenomeno di costume sempre più importante come il calcio come strumento al proprio servizio.

L’Uruguay nel 1930 per esempio, sfruttò i mondiali come celebrazione, oggi si direbbe sovranista, dei cent’anni della propria indipendenza, mostrando al mondo il volto efficiente dell’organizzazione della prima storica competizione calcistica (tra l’altro disputata in un’unica città: la capitale Montevideo, sostanziata dalla costruzione del gigantesco Stadio del Centenario) che ricordava appunto i cent’anni passati dal 1830, anno in cui era nata la Repubblica uruguagia.

Piccola postilla: lo stadio venne edificato a tempo di record con metodi dittatoriali, ma non fu pronto per la partita inaugurale, fu attivo solo dall’ottava partita, l’esordio della formazione di casa contro il Perù, con tanti piccoli souvenir della struttura ancora fresca presi dai tanti spettatori che lo affollarono. A proposito dei cosiddetti controlli di qualità. 

La carrellata di Brizzi e Sbetti tocca poi i mondiali fascistissimi del ’34; quelli della democrazia francese del ’38 in lotta coi regimi totalitari; i primi mondiali del secondo dopoguerra affidati alla florida dittatura brasiliana appena instauratasi nel 1950.  Si giunge poi ai mondiali degli anni ’70 che cominciano a mostrare il loro gigantismo e le loro iper connessioni economiche su scala globale. Nel 1974 in Germania, ancora Ovest, c’è il primo sponsor ufficiale e unico: la Pepsi. Nel 1978 il mondiale da molti giudicato per lo scandalo dell’assegnazione simile a quello attuale, ovvero il mondiale argentino. Quello in cui - mentre Mario Kempes con la sua doppietta di fronte ai quasi centomila spettatori dello Stadio Monumental di Buenos Aires, contribuiva al primo titolo argentino nella finale contro l’Olanda - gli aguzzini del regime di Videla a pochi metri in linea d’aria, all’interno della lugubre Escuela de Mecanica de la Armada, continuavano ad incrementare il numero dei desaparecidos.

E nella prospettiva storica, se volete fredda nella ricostruzione dei fatti, ci si accorge di una profonda differenza con l’oggi. I mondiali argentini vennero assegnati fin dal 1962, quando in Argentina c’era ancora la democrazia (il colpo di stato infatti è del 1976) mentre quelli del Qatar, come quelli di Russia 2018, sono stati assegnati nel 2010 quando il Qatar era esattamente com’è adesso, ovvero un regime illiberale e Putin era già un autocrate da anni al potere. Questo a dimostrazione di come non serva, seppur sia utile, solo la protesta del momento, dell’ultimo momento, occorre forse chiedere alla FIFA e a tutta l’opinione pubblica internazionale maggior attenzione nel momento cruciale in cui vengono decise le assegnazioni.

A proposito Sbetti e Brizzi in chiusura ci rivelano che per il 2030 c’è la storica candidatura ad organizzare il mondiale di tre paesi appartenenti a tre continenti diversi, sempre in omaggio alla fame di potere globale della FIFA. Uno è la Grecia, storica culla della democrazia, con gli altri due non abbiamo lo stesso appeal: sono infatti l’Arabia Saudita e l’Egitto e come la mettiamo?

 

Buon fine settimana!