Io odio il tennis - di Marco Visconti
Pubblicato il 07/04/2024


Recensione del libro "Open"

Autobiografia di Andrè Agassi - edito Super ET

 

“Io odio il tennis” comincia così con questa dichiarazione scioccante e spiazzante al tempo stesso “Open”, l’autobiografia del celebre tennista americano Andrè Agassi, scritta a quattro mani con l’altrettanto famoso giornalista e scrittore John Joseph Moehringer, vincitore tra l’altro di un premio Pulitzer. E si viene a scoprire come dietro il mito del campione, vincitore di ben otto titoli del Grande slam, si nascondono un’infanzia e una adolescenza rubate da un padre padrone, rissoso e irascibile, che con il terzo figlio realizza quel sogno non raggiunto con i primi due: creare attraverso un allenamento massacrante, otto ore al giorno fin dall’età di quattro anni, un tennista formidabile, capace di diventare il numero uno del tennis mondiale. Certo dietro questo vittimismo, a volte enfatizzato e romanzato, ci sono il successo, i soldi, la fama e il raggiungimento di uno status, che ti permette di fare quel che vuoi nella tua vita, senza l’antipatico adeguamento al verbo dovere. Aggiungiamo che la parte finale del libro è un gigantesco “spottone” della fondazione voluta dallo stesso Agassi per compiere comunque un’attività meritoria in quel di Las Vegas, la città d’origine dell’ex tennista, aiutare i bambini meno fortunati ad avere un futuro attraverso l’istruzione e la pratica del tennis, ma anche di altri sport. Malgrado queste due piccole-grandi pecche il libro rappresenta una cronaca e una riflessione pungente sul fenomeno del “campionismo”, ovvero la pretesa da parte degli adulti di aver un figlio che riscriva le memorie delle vicende sportive della propria nazione e del mondo. Agassi ce la fa ma è come se ci dicesse, nell’intrigante prima parte del libro, che lui è stato solo fortunato poiché sapeva fare maledettamente bene una cosa: colpire con la racchetta una pallina. Per contrasto s’illumina di luce il fallimento, chi non ha talento è giusto che sacrifichi la sua vita a cercare qualcosa che non troverà mai oppure è meglio che coltivi la sana mediocritas latina? Il giusto mezzo tra gli eccessi, per avere così una vita, magari meno eccitante di quella di Agassi, ma sicuramente più piena di vere amicizie, di valori ben coltivati e di varietà, quella che continuare a colpire una palla e passare di torneo in torneo ogni anno con la stessa cadenza non può dare. Al di là di questo significato in controluce, il libro contiene per gli amanti del tennis tanti aneddoti gustosi, a cominciare dal fiero odio personale che divideva Agassi da Boris Becker, chiamato spregiativamente nel libro, il filosofo. Non invidiamo dunque Sinner, possiamo vivere bene anche se non diventeremo mai dei campioni. 

 

Buona lettura!