Gli studenti sono impazziti? - di Irene Zerbini
Pubblicato il 05/05/2024


 

Gli studenti di tutto il mondo sono impazziti?
Sono tutti antisemiti di colpo?

 

Le accuse rivolte ai giovani universitari per screditare la protesta, sono state respinte con forza, ma i media continuano a cercare di insinuare questo tipo di lettura. Eppure chi protesta rischia duro, dal carcere all’espulsione dall’ateneo. La mobilitazione contro il conflitto a Gaza, partita dagli istituti universitari degli Stati Uniti, sta guadagnando terreno in tutto il mondo. Solo i giovani universitari stanno protestando per esortare i leader a fermare il massacro. Proteste pacifiche che richiedono esclusivamente la cessazione delle ostilità e il rispetto reciproco tra i due popoli e il disinvestimento da aziende che producono armi. Già negli anni ‘80 la Columbia University, dopo mesi di proteste degli studenti di allora, si era vista costretta e retrocedere dall’investimento in importanti società che facevano affari con il Sudafrica dell’Apartheid, che poi è terminato nei primi anni 90. Dopo che l’Ateneo si era visto costretto alla rinuncia a 39 milioni di dollari di investimenti, altre università americane avevano seguito quell’esempio.

Nel 2000, l'università ha istituito un comitato consultivo per gli investimenti socialmente responsabili, composto da studenti, docenti e ex studenti, per fornire feedback ai gestori del patrimonio di Columbia. Questo comitato ha presentato una proposta formale per il ritiro degli investimenti legati a Israele a dicembre. Gli studenti del Columbia College, hanno votato per sostenere la proposta di disinvestimento la scorsa settimana.

E gli studenti continuano a spingere affinché l'università adotti questa proposta.

Perché l’apice della mobilitazione di questi giorni? Le proteste erano iniziate da mesi ma ad accendere l’esasperazione è stata la decisione del 24 Aprile, del Congresso americano, di stanziare 26 miliardi di dollari a favore di Tel Aviv. Decisione che ha fatto dire al ministro degli Esteri israeliano “si sanciscono gli stretti legami e la partnership strategica tra Israele e gli Stati Uniti e si invia un forte messaggio ai nostri nemici".

Negli Stati Uniti dunque i manifestanti chiedono alle autorità accademiche di rivelare e rinunciare ai "finanziamenti e alle donazioni che provengono dai produttori di armi e alle aziende con interessi nell'occupazione israeliana" (Bbc)

La risposta? I video che circolano nella rete sono allarmanti e lasciano senza fiato. Squadroni di polizia con gas lacrimogeni e armi per sparare contro studenti inermi. Le forze di polizia hanno l’obbligo di agire secondo gli standard del diritto internazionale per facilitare il diritto di protesta pacifica – denuncia Amnesty Usa - Ogni decisione di disperdere una protesta dev’essere presa solo come soluzione estrema e in stretta aderenza ai principi di necessità e proporzionalità, ovvero quando non c’è altro modo per perseguire uno scopo legittimo o il livello o la minaccia di violenza prevalgono rispetto al diritto delle persone di radunarsi.

Invece, le amministrazioni universitarie – continua Amnesty - non solo hanno consapevolmente messo studenti, studentesse e personale universitario a rischio di subire la violenza della polizia che disperdeva e arrestava manifestanti non violenti; ma hanno anche evitato di attuare misure adeguate a tutelare chi protestava dalla violenza di terze parti com’è successo all’University of California di Los Angeles. “Ancora peggio, il dipartimento di polizia di New York ha impedito ai giornalisti, agli osservatori legali e al personale medico di svolgere il loro ruolo, minacciando arresti se non si fossero allontanati”, ha sottolineato O’Brien di Amnesty.

Anche il New York Times ha pubblicato, grazie ai video e alle informazioni dei giornalisti presenti sul campo, una sequenza degli scontri all’Università della California, Los Angeles. Emerge chiaro che i manifestanti pacifici sono stati lasciati in balia di un attacco notturno ad opera di contro-protestanti che hanno attaccato gli studenti pro Palestina per ore. La Polizia veniva chiamata ma non interveniva. La violenza è stata innescata da decine di persone che sono state viste nei video attaccare gli studenti nell'accampamento pro-palestinese per diverse ore, con bastoni, utilizzare spray chimici e lanciare fuochi d'artificio come armi. Al momento di venerdì, non sono state effettuate arresti in relazione all'attacco.

Dunque, a finire in prigione, sono stati solo gli studenti pacifici, come chiaro atto di vendetta per la protesta pro Palestina.

Amnesty fa sapere che non tutti i campus universitari hanno scelto la linea della repressione.

“Alcune università hanno accettato di dialogare con chi protestava e hanno messo ai voti le loro richieste ma molte altre hanno chiamato la polizia, che ha poi utilizzato mezzi violenti – violenza fisica, granate stordenti, proiettili a impatto cinetico come quelli di gomma, gas lacrimogeni e spray al peperoncino – contro manifestazioni largamente pacifiche.

“La Columbia University e il City College di New York insegnano ai loro studenti e alle loro studentesse il valore universale del diritto internazionale e spiegano che la protesta pacifica è un diritto umano. Dunque, è veramente sconvolgente vederli fare marcia indietro e calpestare quei diritti. Le università dovrebbero proteggere i loro studenti e agire per far svolgere pacificamente le proteste, anziché esporli al rischio di subire violenza da parte delle forze di polizia, come il Gruppo di risposta strategica della polizia di New York”, ha commentato O’Brien.

Intanto l’ondata di proteste non si ferma, dagli Usa al Canada, alla Francia, alla Gran Bretagna, a sette università australiane, fino all’India nella prestigiosa Jawaharlal Nehru University, a Nuova Delhi. Gli studenti hanno cominciato a manifestare con l'arrivo nel campus dell'ambasciatore americano in India, che poi è stato rinviato.

Anche in Italia la repressione e lo screditamento si sono scatenati. Dal mondo della politica, della società civile e dell’arte , il silenzio è pressochè totale. Anche l’appello del rapper Ghali a Sanremo è rimasto solitario.

Buona riflessione!