Nella musica italiana le distanze si riducono. Nuovi scenari artistici modificano il rapporto tra l’indie e il mainstream. Tante le cause, incluso l’ultimo Festival di Sanremo, per la nascita del nuovo pop.
Sino a tempi recenti nel mondo musicale la parola “indie” nascondeva un duplice significato e una contrapposizione: da una parte una produzione discografica fuori dai circuiti delle cosiddette “major”, le grandi case discografiche, che puntavano al mainstream, ovvero a piazzare artisti con la loro musica nelle classifiche di vendita e aumentando la loro notorietà attraverso azioni mirate di marketing e promozionali (grazie al potere contrattuale dei discografici). Dall’altra c’era il mondo dell’”Indie” in cui concetti discografici si univano a quelli artistici. L’indie era (ed è) fatto di piccole etichette, che, meno attente al business, puntavano a una linea artistica più “di nicchia”, lontana dalle classifiche.
Da qualche anno a questa parte, complice anche un cambio nell’assetto aziendale e “funzionale” della discografia, tutto questo si è sfumato e in Italia tale dualismo è addirittura crollato. I due mondi si sono avvicinati e in alcuni casi c’è stato un totale ribaltamento. Nelle classifiche troviamo ben posizionati, anche ai piani alti, artisti indie, per discografia e arte. Ecco allora che giovani artisti, originariamente lontani dal concetto di “mainstream” dominano le vendite. Pensiamo ad un Calcutta, Gazzelle, Thegiornalisti prima e Tommaso Paradiso poi e altri ancora. Nuove voci del pop e della canzone d’autore.
Precisiamo che questa non è una valutazione di merito ma una semplice considerazione di fatto.
Tutto questo è avvenuto per un mutato contesto discografico, promozionale, di mercato e un fisiologico ricambio generazionale. I fattori più rilevanti per arrivare a questo stato di cose sono sicuramente la vendita di musica “liquida” e soprattutto lo streaming, con la conseguente costante e inarrestabile frenata nella produzione e distribuzione dei CD o altri supporti fisici musicali.
Questa nuova metodologia di fruizione e distribuzione della musica ha portato con sé anche un nuovo approccio artistico, non più basato su un gruppo di canzoni come in un “disco” ma il ritorno ai singoli, un po’ come negli anni ’60.
A questo si aggiunge anche l’avvento dei social che hanno modificato l’aspetto promozionale e i rapporti degli artisti con il pubblico.
Ultimo ma non ultimo, anzi forse elemento scatenante, è stato lo sviluppo tecnologico che ha permesso di realizzare musica, tecnicamente di qualità, con pochi soldi, stando anche nella propria “cameretta”.
A dare man forte a questo cambiamento, in questi ultimissimi mesi, ha contribuito anche il Festival di Sanremo dove hanno fatto apparizione le nuove (si fa per dire) musiche, che sono così arrivate al grande pubblico. Alcuni nomi, sino a quella partecipazione considerati indie/di nicchia, sono entrati a pieno titolo nel mainstream. Lo dimostrano anche le classifiche di “vendita” e, per quanto “manipolabili”, quelle di streaming. Colapesce e Dimartino, Madame, Coma Cose, La Rappresentate di lista, realtà attive da alcuni anni, non avevano mai avuto il privilegio di essere trasmesse dai grandi network o di arrivare alle classifiche. Eppure esistevano e non erano lontani da ciò che hanno presentato al Festival. Artisti che avevano, ma in misura minore, il loro pubblico, senza però essere conosciuti da mamme e/o non appassionati del genere.
Un bene, un male? Sicuramente un cambiamento.
Ps: se vuoi approfondire il rapporto indie/mainstream ti consiglio un libro: “Dall’indie all’It-Pop - Evoluzione, estetica e linguaggi" di Dario Grande. Spiega bene tutte queste dinamiche.